Dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni e mansioni superiori di fatto
21 Ottobre 2020Impugnazione della delibera assembleare: diritto societario
6 Novembre 2020Una questione di spiccato interesse, alla quale è stata fornita risposta nel Decreto “Cura Italia”, è quella relativa all’ipotesi di contagio da CoViD-19 all’interno del luogo di lavoro.
La domanda che ci si pone è se, in caso di contrazione del coronavirus nell’ambiente di lavoro e durante l’espletamento delle proprie mansioni, tale evento possa essere considerato alla stregua di un infortunio sul lavoro e, conseguentemente, dar luogo ad ipotesi di responsabilità in capo al datore di lavoro ed all’ottenimento della relativa copertura assicurativa erogata dall’INAIL per il lavoratore contagiato.
Ebbene, il Decreto Cura Italia, sul punto, ha chiarito che la contrazione del Coronavirus possa essere considerata infortunio sul lavoro se la stessa sia avvenuta in occasione dell’espletamento delle proprie mansioni nell’ambito dell’ambiente lavorativo.
La questione è stata poi ulteriormente ripresa dall’art. 29-bis del D.L. n. 23/2020 (c.d. “Decreto Liquidità”), nel quale è stato previsto che i datori di lavoro siano responsabili alla luce del mancato rispetto delle norme anti-contagio previste dai protocolli firmati tra Governo e parti sociali nel mese di aprile 2020.
Dalla lettura dei richiamati protocolli emerge il rinvio, ai fini della valutazione della responsabilità del datore di lavoro, alla norma contenuta ex art. 2087 c.c., la quale prevede la generale responsabilità dell’imprenditore per non aver adottato tutte
le misure idonee e necessarie ai fini della tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore.
In aggiunta ad una responsabilità di tipo civilistico, il datore di lavoro non rispettoso delle norme anti-infortunistiche, tra le quali – come visto – rientrano anche quelle relative al contenimento del contagio da Coronavirus – sarà soggetto altresì ad una responsabilità di natura penale e, segnatamente, alle responsabilità previste agli artt. 590 e 589 c.p., rispettivamente disciplinanti le lesioni personali colpose e l’omicidio colposo.
Tali norme, peraltro, prevedono una pena aggravata nel caso in cui le lesioni personali colpose o l’omicidio colposo derivino da violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Ebbene, la problematica risulta rilevante se si guarda ai numeri trasmessi dall’INAIL relativi alle richieste ricevute per l’ottenimento della copertura assicurativa derivante da infortunio sul lavoro. Nell’ultimo report, difatti, l’INAIL ha trasmesso dei dati non poco preoccupanti, i quali parlano di 54.128 richieste di copertura assicurativa per infezione da Coronavirus contratta sul posto di lavoro.
Tralasciando le questioni relative alla portata economica di tale evento, la questione che risulta certamente più problematica è proprio quella relativa alla responsabilità del datore di lavoro.
In altri termini, alla luce degli elevatissimi numeri di soggetti che hanno contratto il virus nei luoghi di lavoro, c’è da considerare che moltissimi datori di lavoro saranno soggetti a responsabilità di tipo penale o, comunque, vi sarà a loro carico un processo penale o, comunque, di tipo civile.
Ebbene, la questione che risulta connotata da maggiore problematicità a tal proposito, è quella relativa all’effettiva dimostrazione della contrazione del virus nel luogo di lavoro.
Risulta, difatti, ad oggi, davvero difficoltoso definire, con un margine verosimile di precisione, in quale luogo il lavoratore abbia potuto contrarre il virus e, pertanto, non sarà certamente agevole chiarire che il contagio sia avvenuto in occasione della prestazione lavorativa.
Ciò, purtroppo, condurrà inevitabilmente a delle problematiche e – talvolta – anche a delle sperequazioni di trattamento tra soggetti che abbiano contratto il virus nel posto di lavoro, proprio a motivo delle difficoltà accertative sottese alla fattispecie in esame.