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1 Febbraio 2021Una questione che, ormai da anni, sta facendo discutere è quella relativa al valore dei buoni fruttiferi postali trentennali emessi nel corso degli anni ‘80/90.
Difatti, a metà degli anni ’80, con Decreto del 13 giugno 1986, venivano istituiti i buoni fruttiferi postali appartenenti alla serie “Q”. Con l’avvento di tale decreto venivano, tuttavia, ridotti sensibilmente i tassi di interesse spettanti ai titolari dei buoni fruttiferi.
Orbene, negli anni successivi, è stata prassi comune degli Uffici Postali emittenti i buoni fruttiferi, quella di non aggiornare i nuovi titoli emessi. O meglio, le Poste hanno continuato ad utilizzare i “modelli” di buono già esistenti, ossia quelli relativi alla serie “P”, apponendo, tuttavia, sugli stessi buoni due timbri indicanti l’appartenenza del buono alla serie “Q”, indicandola talvolta con la dicitura “P-Q”, e, sul retro, il timbro indicativo dei nuovi tassi di interesse applicabili.
La problematica che, tuttavia, è stata riscontrata è stata quella relativa al calcolo degli interessi per gli anni dal 21esimo al 30esimo. Difatti, seppur sul retro del buono fosse stato apposto il timbro di “aggiornamento” dei tassi di interesse relativamente ai primi 20 anni di detenzione del buono, tale timbro nulla disponeva relativamente al calcolo degli interessi decorrenti dal 21esimo al 30 anno di possesso.
Da ciò il contenzioso. Da un lato Poste Italiane che ritiene che, seppur in assenza di una specifica chiarificazione in tal senso, debbano intendersi quali applicabili i nuovi tassi di interesse di cui al Decreto del 13 giugno 1986, dall’altro la molteplicità di titolari di buoni fruttiferi postali i quali lamentano la mancata tutela del proprio legittimo affidamento.
Tra le decisioni più rilevanti in tal senso appare opportuno richiamare quella, assai recente, resa dal Collegio di coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario, ossia la n. 6142 del 3 aprile 2020, nella quale è stato chiarito che i buoni fruttiferi postali ordinari appartenenti alla serie “Q-P” sottoscritti a partire dal 1° luglio 1986, se
a tergo degli stessi non sia stato apposto il timbro indicante la misura dei nuovi interessi con riferimento all’ultimo decennio di possesso, gli interessi dovuti al titolare saranno quelli riportati sul retro del buono, a nulla valendo la disposizione del decreto, e ciò a tutela del legittimo affidamento del risparmiatore.
L’ABF ha, difatti, chiarito che il vincolo contrattuale tra emittente e investitore è quello risultante di volta in volta dai buoni fruttiferi postali sottoscritti e che i provvedimenti dell’Autorità possono solo successivamente integrare o modificare i tassi di interesse, ossia con atti successivi alla sottoscrizione.
Un’altra decisione di rilievo è quella resa dal Collegio di Torino dell’ABF, la n. 4876/2017, in cui l’Arbitro ha chiarito che “qualora il Decreto Ministeriale modificativo dei tassi di interesse sia antecedente alla data di emissione del buono fruttifero, si ritiene che possa essersi ingenerato un legittimo affidamento del cliente sulla validità dei tassi di interesse riportati sul titolo e che tale affidamento… debba essere tutelato.”.