
Sentenza n. 1663/2020 – tutele proprie del rapporto di lavoro subordinato per i “riders”
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21 Marzo 2021La Corte di Cassazione Civile ha pronunciato, recentemente, l’Ordinanza n. 5932/2021, nell’ambito della quale ha chiarito se spetti o meno il mantenimento da parte del coniuge, nel caso di specie di sesso maschile, in favore dell’altro coniuge che, ripetutamente, rifiuti offerte di lavoro non collimanti con la preparazione del medesimo.
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte prende le mosse dalla vicenda relativa a due ex coniugi nei confronti dei quali il Giudice, nell’ambito del giudizio di separazione, aveva previsto la corresponsione dell’assegno di mantenimento da parte del marito nei confronti della moglie, per un importo mensile di €. 1000,00.
L’ex marito, tuttavia, contestava tale decisione ed impugnava la sentenza in quanto, a suo dire, la moglie non si sarebbe attivata per la ricerca di un impiego e, anzi, avrebbe rifiutato varie offerte di lavoro dall’ex marito individuate in quanto non collimanti con la preparazione della stessa, in quanto laureata.
Adita, pertanto, la Corte d’Appello, la medesima si esprimeva avallando la tesi addotta dalla moglie affermando l’irrilevanza della ricerca di un lavoro quale fonte di reddito e dando piena giustificazione al rifiuto dell’impiego in quanto non idoneo al titolo di studio ed alle aspirazioni individuali del coniuge, affermando che: “… il profilo individuale… non va mortificato con possibili occupazioni inadeguate”, chiarendo altresì che, nella fattispecie, la donna aveva goduto di un livello di vita invidiabile e che, pertanto, non sarebbe stato corretto “condannarla al banco della mescita o al badantato.”.
Giunta la questione alla Suprema Corte, la stessa si è pronunciata ribaltando il decisum del Giudice di seconde cure, affermando che quanto statuito dalla Corte territoriale si ponesse in violazione dell’art. 156 c.c., così come interpretato dalla Corte di Cassazione, laddove lo stesso afferma che il Giudice, nel valutare il riconoscimento o meno dell’assegno di mantenimento ad uno dei due coniugi, deve valutare anche le possibilità di guadagno di questi, ivi compresa anche la possibilità circa l’acquisizione di : “…professionalità diverse e ulteriori rispetto a quelle possedute in precedenza, o la circostanza che il coniuge abbia ricevuto successivamente alla separazione, effettive offerte di lavoro, ovvero che comunque avrebbe potuto concretamente procurarsi una specifica occupazione.”,
La Corte di Cassazione, pertanto, chiarisce che non è sufficiente la valutazione effettuata dalla Corte territoriale circa la generica mancata volontà di accettare le occupazioni in quanto non in linea con il profilo professionale del coniuge, dovendo, contrariamente valutarsi ogni singola attività lavorativa eventualmente reperita dalla richiedente l’assegno.
La sentenza della Corte d’Appello, pertanto, a dire della Suprema Corte, non può essere condivisa in quanto svilente rispetto alla dignità del lavoro manuale o di assistenza alla persona e non centrata rispetto agli elementi effettivamente di rilievo, quali la valutazione delle singole attività proposte alla ex moglie, essendosi unicamente vagliato il profilo economico e redditizio dell’occupazione.