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18 Febbraio 2022Il Tribunale di Padova è di recente intervenuto su una questione particolarmente dibattuta negli ultimi anni, relativa alla possibilità per il datore di lavoro di selezionare unilateralmente i sindacati con i quali trattare ai fini della stipula o del rinnovo degli accordi in sede sindacale.
La vicenda che ci occupa prendeva le mosse da un ricorso promosso da un sindacato avverso una società, la quale aveva arbitrariamente escluso la relativa sigla sindacale dalla contrattazione collettiva volta al rinnovo dell’accordo relativo al premio di risultato, nonostante il sindacato in questione avesse in molteplici occasioni formulato richieste formali di incontro nei confronti della società.
Orbene, la questione riveste notevole rilievo in quanto un sindacato può ritenersi “rappresentativo” solo allorquando lo stesso partecipi attivamente alle trattative con le sigle aziendali e, in tale contesto, si faccia portavoce degli interessi dei lavoratori, appunto ivi rappresentati.
A tale proposito la Corte di Cassazione, nell’ambito della Sentenza n. 14511/2013, ha chiarito che: “…lo Statuto dei lavoratori, mentre accoglie il principio di parità di trattamento solo per i lavoratori (art. 15), per i sindacati fa proprio, ai fini del riconoscimento di una particolare tutela, il criterio della maggiore rappresentatività sul piano nazionale (art. 19), criterio che non impone una uguaglianza di trattamento dei sindacati forniti di tale requisito, né tanto meno impone l’estensione ad associazioni sindacali diverse da quelle stipulanti condizioni dell’esercizio dell’attività sindacale riconosciute da contratti collettivi, più favorevoli di quelle previste per legge…”.
La condotta antisindacale, ai sensi dell’art. 28 della L. 300/1970 è ravvisabile laddove “…il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività sindacale…”.
Orbene, rispetto all’estromissione di un sindacato dal “tavolo” della contrattazione collettiva sulla base di una scelta operata dal datore di lavoro, si evidenzia come la Giurisprudenza sia particolarmente controversa.
Parte della Giurisprudenza, difatti, ritiene che la condotta del datore di lavoro, volta ad estromettere un sindacato dalla trattativa negoziale non sia idonea ad integrare gli estremi della condotta antisindacale, così come annunciata nell’ambito dell’art. 28 citato.
Altra parte della Giurisprudenza, al contrario, ritiene che la medesima condotta integri gli estremi del comportamento di cui al ridetto art. 28. Tra queste emergono le pronunce rese dal Tribunale di Busto Arstizio n. 359/2019: “…è antisindacale la condotta del datore di lavoro che nella scelta delle organizzazioni con cui trattare crei una sorta di “monopolio sindacale” con talune organizzazioni e operi con aprioristica, arbitraria, discrezionale, immotivata esclusione di Cgil e Uil, senza verificarne in concreto e “sul campo” l’attività, la rappresentatività e la disponibilità al dialogo…” e n. 197/2019: “…se è ben vero che nell’ordinamento italiano non esiste in capo al datore di lavoro un obbligo di trattare con tutte le OO.SS., è altrettanto illegittima la condotta di un datore di lavoro che ometta di riscontrare le richieste di informazione e collaborazione presentate dai sindacati o che, a partire da un certo momento, inizi a interloquire solo con alcuni di essi in violazione dei principi di correttezza e buona fede che imporrebbero, quanto meno, di convocare tutti i sindacati richiedenti al fine di verificare se vi siano le condizioni per aprire le trattative…” e quella resa dal Tribunale di Roma n. 82784/2019: “sebbene non sussista nel nostro ordinamento un obbligo del datore di lavoro di trattare con tutte le OO.SS., salvo specifiche previsioni contrattuali o di legge, costituisce condotta antisindacale il rifiuto del datore che esprima un uso distorto della libertà sindacale ovvero un contegno oggettivamente discriminatorio nei confronti della organizzazione sindacale esclusa.”.
Da ultimo, sul tema, è intervenuto il Tribunale di Padova, con la pronuncia in epigrafe indicata, schierandosi a favore del primo orientamento e chiarendo che “…non esiste, in capo al datore di lavoro, alcun obbligo generale a trattare: il datore di lavoro può legittimamente scegliere con chi trattare, potendo in tal modo anche eventualmente escludere dalla trattativa alcuni sindacati…”.