
Limiti all’utilizzo dei tabulati telefonici come mezzi probatori: Cass. Pen., Sez. I, Sent. 20 maggio 2022 n. 19890
17 Giugno 2022
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1 Luglio 2022L’Unione Europea è intervenuta in materia di salario minimo, segnatamente attraverso la predisposizione di una bozza di direttiva, la quale deve ancora trovare approvazione da parte del Parlamento UE e del Consiglio UE ma sul contenuto della quale, sostanzialmente, i poteri legislativi dell’Unione risultano concordi.
Nello specifico la normativa UE provvede in materia di stipendio minimo orario, non andando a sancire degli stringenti limiti numerici, bensì prevedendo l’applicazione di procedure volte ad assicurare l’adeguatezza dei salari minimi laddove esistono, a promuovere la contrattazione collettiva per stabilire i salari e ad aumentare l’accesso effettivo alla tutela del salario minimo per i lavoratori che vi hanno diritto in base al diritto nazionale.
Alla luce di ciò, pertanto, gli Stati membri dell’Ue che nelle loro legislazioni prevedano dei salari minimi, dovranno predisporre un quadro di procedure volte alla fissazione ed all’aggiornamento dei salari minimi adeguandosi ad una serie di criteri stabiliti proprio dall’emananda direttiva UE.
In aggiunta a quanto detto, poi, le Autorità dell’Unione hanno previso un meccanismo di aggiornamento dei salari minimi avente cadenza biennale o, solo per quegli Stati membri che applichino un sistema di indicizzazione automatizzato, ogni quattro anni.
Venendo al nostro Paese, si evidenzia come in Italia non vi sia alcuna regolamentazione in tal senso. Tuttavia, già dall’11 maggio 2022, in Parlamento ha preso avvio l’esame di un disegno di legge che sancisce l’introduzione di un salario minimo legale, in tal maniera ponendosi “avanti” rispetto alla proposta europea. In aggiunta a ciò, il disegno di legge al voto in Parlamento, prevede anche una rivisitazione del sistema della contrattazione collettiva su base nazionale.
La volontà dell’Unione Europea, comunque, come anticipato, non è quella di imporre un salario minimo, bensì quella di orientare i Paesi membri dell’UE verso una adeguatezza degli stipendi, in maniera uniforme nel territorio dell’Unione. La direttiva, difatti, lascia ampi spazi di manovra agli Stati in tale materia, anche per quegli Stati membri privi di un sistema legale, incentivando comunque l’adozione di misure, ancora da definire in dettaglio, anche solo dirette a promuovere la contrattazione collettiva nazionale.