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24 Giugno 2022TRIBUNALE ORDINARIO DI L’AQUILA – Sezione Specializzata in materia di Impresa – Sent. n. 444/2022
8 Luglio 2022La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 19305/2022 ha chiarito quali debbano essere le conseguenze per la genitrice che, consapevolmente, allontani il figlio dal padre.
Nello specifico la questione prendeva le mosse dall’instaurazione presso il Tribunale per i minorenni di Lecce del procedimento ex art. 330 c.c., all’esito del quale la genitrice era stata dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore, disponendone l’affidamento al padre sotto il controllo e con il sostegno del servizio sociale. Orbene, la madre impugnava il provvedimento reso dal Tribunale per i minorenni di Lecce, tuttavia la Corte di appello di Lecce confermava il decreto impugnato e, pertanto, la questione giungeva sino alla Suprema Corte.
La Corte, nel decidere la questione, si è pronunciata richiamando la propria precedente Giurisprudenza la giurisprudenza secondo cui “In tema di affidamento del figlio di età minore, qualora un genitore denunci i comportamenti dell’altro tesi all’allontanamento morale e materiale del figlio da sè, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), nella specie nella forma della sindrome della cd. “madre malevola” (MMS), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova comprese le consulenze tecniche e le presunzioni, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”(C. Cass, sent. n. 13217/2021; C. Cass, sent. n. 6919/2016).
La Corte, a tale proposito rileva come la Corte di appello abbia evidenziato che ciò che era disfunzionale nella modalità di relazione della madre con il figlio risiedeva nella sua incapacità di offrire al piccolo le sicurezze necessarie al suo procedere e nella tendenza della donna a trasfondere al minore una visione del padre e del mondo sospettosa, diffidente, scettica, motivo per cui lo stesso non poteva confermarsi nell’idea che lontano dalla madre fosse al sicuro, che momentanee separazioni non fossero per lui evocative di sentimenti di tristezza e lutto e che le sue risorse personali fossero bastanti e che il mondo fosse alla sua portata.
La Corte di Cassazione, inoltre, ha richiamato il principio statuito dalla stessa in molteplici precedenti e relativo alla circostanza per cui, nell’interesse superiore del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione (C. Cass. sent. n. 9764/2019; C. Cass. sent. n. 18817/2015; C. Cass. sent. n. 11412/2014).
Tale principio, invero, che trova conferma anche nella giurisprudenza della Corte Edu, che, chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all’art. 8 CEDU, pur riconoscendo all’autorità giudiziaria ampia libertà in materia di diritto di affidamento di un figlio di età minore, ha precisato che è comunque necessario un rigoroso controllo sulle “restrizioni supplementari”, ovvero quelle apportate dalle autorità al diritto di visita dei genitori, e sulle garanzie giuridiche destinate ad assicurare la protezione effettiva del diritto dei genitori e dei figli al rispetto della loro vita familiare, di cui all’art. 8 della CEDU, onde scongiurare il rischio di troncare le relazioni familiari tra un figlio in tenera età ed uno dei genitori (Corte EDU, 9 febbraio 2017, Solarino c. Italia).
Il diritto alla bigenitorialità, pertanto, è anzitutto un diritto del minore, prima ancora che dei genitori, nel senso che esso deve essere necessariamente declinato attraverso criteri e modalità concrete che siano dirette a realizzare in primis il migliore interesse del minore e che il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel migliore interesse di quest’ultimo e assume carattere recessivo, qualora ciò non possa essere garantito nella fattispecie concreta.
Da ultimo la Suprema Corte, nella richiamata Ordinanza, ha precisato che, ai fini della tutela della bigenitorialità, ciò che il giudice deve verificare è se la condotta di un genitore sia impeditiva del diritto dell’altro genitore alla bigenitorialità e quale sia il corretto percorso clinico-terapeutico intrapreso sul minore, al fine di realizzare il bilanciamento tra il suo superiore interesse e il diritto del padre alla bigenitorialità, tenendo presente, in tale contesto, anche la possibilità che il minore non recida il rapporto con la madre, ove ciò sia reso necessario da una visione completa del migliore interesse del minore; principi che, nel caso in esame, la Corte di Appello di Lecce ha correttamente applicato, confermando le statuizioni del tribunale dei minorenni.