
Riconoscimento del diritto all’immagine dei beni culturali: Trib. Firenze, ord. 11 aprile 2022
14 Ottobre 2022
Frodi bancarie e condotta imprudente del cliente nell’accertamento della responsabilità dell’istituto di credito
21 Ottobre 2022Com’è noto, i cittadini, le imprese e i lavoratori hanno visto, in poco più di 6 mesi, triplicare i costi energetici. Pertanto, al fine di calmierare l’impatto dei predetti costi e aumenti sulle spese dei cittadini e sulle attività produttive del paese, il Legislatore è nuovamente intervenuto implementando ulteriori e diverse misure in materia di politica energetica nazionale, produttività delle imprese e politiche sociali.
Infatti, con il D.L. n. 144/2022 (cd. Decreto Aiuti “Ter”) il Legislatore ha prorogato o introdotto misure di politiche sociali rivolte ai lavoratori (dipendenti e autonomi) con il preciso scopo di evitare un ulteriore aumento delle spese per gli stessi soggetti e, dall’altro lato, ha introdotto delle significative modifiche alla disciplina delle cd. “delocalizzazioni”, al fine di evitare chiusure aziendali a tappeto senza il coinvolgimento preventivo delle organizzazione sindacali
Ecco le più importanti e rilevanti misure sul tema previste dal Decreto Aiuti “Ter”:
- Indennità una tantum di 150 euro per i lavoratori dipendenti
Il Decreto Aiuti “Ter” introduce una nuova indennità a beneficio dei lavoratori dipendenti. Infatti, in aggiunta al bonus di 200 euro già riconosciuto, ai sensi del dal D.L. n. 50/2022, ai titolari di un reddito non superiore a 35 mila euro che, a novembre 2022, percepiranno una retribuzione imponibile non superiore a 1.538 euro avranno diritto ad una indennità una tantum del valore di 150 euro.
La predetta indennità verrà erogata, nel mese di novembre e previa dichiarazione da parte del lavoratore di non essere titolare di ulteriori somme una tantum (per pensionati o altre categorie di soggetti), in via automatica dal datore di lavoro che potrà compensare il credito maturato per le somme erogate attraverso la denuncia contributiva mensile.
Come per l’indennità di 200 euro, quest’ultima non sarà cedibile, sequestrabile, pignorabile né costituirà reddito ai fini fiscali e per la corresponsione di prestazioni previdenziali e assistenziali.
- Integrazione una tantum di 150 euro per i lavoratori autonomi
Anche per i lavoratori autonomi (professionisti iscritti all’INPS e/o alle casse di previdenza private) sarà prevista un’integrazione prevista, pari a 150 euro, dell’indennità introdotta dal D.L. n. 50/2022 (i 200 euro ndr). Tale integrazione, potrà essere percepita a condizione di aver avuto, nel corso del 2021, un reddito complessivo non superiore a 20 mila euro.
- Indennità una tantum per redditi diversi di lavoro dipendente autonomo
Il Decreto Aiuti “Ter”, in seguito, ha ampliato, la categoria dei destinatari dell’indennità, prevedendo – per il mese di novembre 2022 – un importo una tantum del valore di 150 euro per i soggetti che percepiscono redditi diversi da reddito di lavoro autonomo o dipendente tra cui:
- i destinatari dell’indennità di disoccupazione NASpi e DisColl,
- titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa,
- dottorandi e assegnisti di ricerca
- i nuclei familiari beneficiari del reddito di cittadinanza, a patto che nessun componente percepisca una delle altre indennità una tantum.
Come per i lavoratori dipendenti, anche in questo caso, la somma riconosciuta non costituirà reddito ai fini fiscali e per la corresponsione di prestazioni previdenziali e assistenziali.
- Modifiche sul Decreto cd. “Delocalizzazioni”
Il Decreto oggetto della presente disamina, come sopra esposto, è intervenuto anche sulle norme introdotte dalla Legge di Bilancio del 2022 in materia di cessazione delle attività produttiva di grandi aziende (cd. Norme anti “delocalizzazioni”).
La novella legislativa, tende ad inasprire la preesistente normativa sia da un punto di vista sanzionatorio che procedurale-formale.
Nello specifico, la Legge di Bilancio 2022 disciplinava che le imprese, non in crisi e con almeno 250 dipendenti, nel caso in cui volessero cessare l’attività o una parte di essa, con la conseguenza di dover licenziare più di 50 persone, dovessero:
a) informare di tale intenzione i sindacati, le regioni interessate, il Ministero del Lavoro, il Ministero dello Sviluppo Economico e l’ANPAL, con una comunicazione da effettuarsi almeno 90 giorni prima dell’avvio della procedura di licenziamento collettivo;
b) nei sessanta giorni successivi all’invio della comunicazione, elaborare e presentare, un piano di durata non superiore a dodici mesi finalizzato a limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura;
c) nei trenta giorni successivi alla presentazione del piano, avviare una discussione sul piano con i sindacati e le istituzioni per poi procedere, in caso di raggiungimento di un accordo sindacale, alla sottoscrizione del piano.
Con le modifiche del Decreto Aiuti “Ter” si è ampliata la fase di esame e discussione prevista nel precedente punto c) aumentando il termine originariamente previsto da trenta a centoventi giorni.
Di conseguenza, aumenta da 90 a 180 giorni anche il periodo durante il quale, ove intimati in mancanza dell’osservanza della procedura sopra descritta, i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e i licenziamenti collettivi debbano essere considerati nulli.
Ciò ha una conseguenza diretta: ovvero che la procedura di licenziamento collettivo potrà essere avviata, anche qualora non dovesse essere raggiunto un accordo sindacale, solo una volta scaduto il termine di 180 giorni previsto per la conclusione del piano e della sua eventuale sottoscrizione.
Queste modifiche portano con sé due importanti conseguenze sostanziali.
Infatti, se da un lato con l’aumento dei giorni previsti per la chiusura della procedura di delocalizzazione si concede ai lavoratori almeno 180 giorni in cui il datore di lavoro dovrà comunque continuare a corrispondere la retribuzione, dall’altro lato i datori di lavoro sono stati i protagonisti di un ulteriore e imprevisto adempimento che ha, nei fatti, reso molto più difficile aprire una procedura di licenziamento collettivo.
Dal punto di vista sanzionatorio, invece, il Decreto Aiuti “Ter” ha stabilito che:
– in caso di mancata sottoscrizione del piano da parte delle organizzazioni sindacali, il datore di lavoro sarà tenuto a pagare il contributo per il finanziamento della NASpI (c. d. “Ticket licenziamento”), innalzato nella misura del 500 % a fronte del 50 % previsto in precedenza;
– nel caso in cui la cessazione definitiva dell’attività produttiva o di una parte significativa della stessa comporti una riduzione di personale superiore al 40 per cento rispetto a quello impiegato mediamente nell’ultimo anno, a livello nazionale o locale, il datore di lavoro dovrà restituire, in maniera proporzionale alla percentuale di riduzione del personale, i sussidi pubblici percepiti nei dieci anni precedenti la cessazione dell’attività.
Avv. Giulio Borrelli
Avv. Cecilia Di Guardo