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21 Febbraio 2024Una recente massima della Suprema Corte ha affermato che “Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius” (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell’art. 164 c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell’impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall’attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante.” (Cassazione civile, sez. II, ordinanza 15 dicembre 2023, n. 35165).
La vicenda prende le mosse dal ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe.
La Corte di Appello di Palermo confermava la decisione di primo grado con la quale erano stati determinati i confini tra il terreno di proprietà G. G. e il terreno di proprietà di essi ricorrenti, previo rigetto della domanda riconvenzionale delle ricorrenti volta a far valere l’acquisto per usucapione di una porzione della superficie tra i due fondi.
La Corte di Appello condannava i ricorrenti alle spese del giudizio “nei confronti di tutte ciascuna parte costituita”.
Con il primo motivo di ricorso veniva lamentata “violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c. in relazione agli artt. 160 c.p.c. e 294 c.p.c. per mancata dichiarazione di nullità della notificazione dell’atto di citazione e degli atti successivi”.
È pacifico in causa che la citazione originaria non era stata ritualmente notificata, che queste erano rimaste contumaci, che si erano poi costituite dopo che era stata svolta una consulenza tecnica, che costituendosi avevano eccepito la nullità della notifica della citazione e chiesto di essere rimesse in termini, che il giudice di primo grado aveva dato nuovamente i termini per le memorie di cui all’art. 186, sesto comma c.p.c. e aveva disposto una nuova consulenza in base ai cui esiti aveva poi deciso.
La Corte di Appello riteneva che, così stando i fatti, era stato sanato “ogni effetto pregiudizievole della nullità della notificazione della citazione”.
Il motivo veniva ritenuto fondato.
La costituzione delle ricorrenti in primo grado avveniva per denunciare la nullità della notifica della citazione.
Il giudice di appello eccepiva la nullità ma riteneva che la stessa fosse stata sanata dalla “sostanziale rimessione in termini delle convenute” da parte del giudice di primo grado.
Quest’ultimo aveva “assegnato i termini per integrare le difese”.
Secondo la Cassazione la Corte d’appello, in questo modo, aveva errato.
Avrebbe dovuto dichiarare la nullità del procedimento di primo grado e della sentenza appellata e rimettere in termini le appellanti, ai sensi dell’art. 294 c.p.c., per far compiere loro tutte le attività precluse – proposizione di eccezioni di prescrizione e domande riconvenzionali- che le convenute deducono di aver voluto proporre e di non aver potuto proporre per non essere state rimesse in condizione di farlo, avendo il primo giudice concesso loro solo i termini di cui al sesto comma dell’art. 183 c.p.c.
Vale il principio desumibile da Cass. n. 19265/23 e Cass. 30969/2023 -pur riferite all’ipotesi della nullità dell’atto introduttivo- secondo cui “Nel caso di nullità della citazione di primo grado per vizi inerenti alla “vocatio in ius” (nella specie, per inosservanza del termine a comparire), ove il vizio non sia stato rilevato dal giudice ai sensi dell’art. 164c.p.c., la deduzione della nullità come motivo di gravame non dà luogo, ove ne sia riscontrata la fondatezza dal giudice dell’impugnazione, alla rimessione della causa al primo giudice, ma impone al giudice di appello di rilevare che il vizio si è comunicato agli atti successivi dipendenti, compresa la sentenza, e di dichiararne la nullità, rinnovando tutti gli atti compiuti in primo grado dall’attore, o su sua richiesta, nella contumacia (involontaria) del convenuto/appellante”.
Avv. Amedeo Di Odoardo
Avv. Cecilia Di Guardo