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3 Giugno 2022
Limiti all’utilizzo dei tabulati telefonici come mezzi probatori: Cass. Pen., Sez. I, Sent. 20 maggio 2022 n. 19890
17 Giugno 2022La Suprema Corte è intervenuta, con la pronuncia indicata, in materia di diritto di famiglia, con specifico riferimento all’assegno divorzile ed ai casi in cui il Giudice sarà legittimato alla rideterminazione dell’ammontare dello stesso.
Orbene, l’art. 5, comma 6, della L. n. 898/70 prevede che: “…con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive…”.
Il Giudice di legittimità è intervenuto proprio circa l’interpretazione della richiamata norma, chiarendone la portata ed i limiti.
Nello specifico la vicenda in esame prende le mosse dalla decisione emessa dalla Corte d’Appello di Messina, adita dal ricorrente per la riforma dell’analogo provvedimento del locale Tribunale, la quale si era pronunciata riducendo l’importo dell’assegno divorzile pattuito in favore dell’ex coniuge e revocando, altresì, l’assegno di mantenimento in favore di uno dei due figli della coppia per la raggiunta autosufficienza economica dello stesso.
Risulta necessario evidenziare che, in base agli accordi intercorsi tra i coniugi e recepiti nella sentenza di divorzio, il ricorrente si era obbligato a corrispondere alla ex coniuge un assegno divorzile pari ad €. 1.8000,00 mensili ed un assegno di mantenimento in favore di ciascuno dei due figli dell’importo di €. 1.000,00, con l’ulteriore patto che all’atto della raggiunta autosufficienza economica del primo figlio l’assegno divorzile in favore della ex coniuge sarebbe aumentato ad Euro 2.100,00 e ad Euro 2.500,00 quando fosse divenuto autosufficiente anche il secondo figlio.
Il ricorrente, tuttavia, avendo dato vita ad un nuovo nucleo familiare sposandosi nuovamente e divenendo padre di due gemelle, chiedeva che fossero riviste le condizioni dell’accordo a suo tempo raggiunto con la ex coniuge.
Ebbene, la Suprema Corte, nel richiamare la propria precedente giurisprudenza si è pronunciata chiarendo che, allorquando si proceda alla revisione delle condizioni economiche che hanno determinato l’attribuzione dell’assegno divorzile in favore di uno dei coniugi, l’apprezzamento a cui il giudice è chiamato impone una valutazione comparativa della condizione patrimoniale di entrambi i coniugi, che non deve tuttavia consistere in una rinnovata valutazione dei presupposti che hanno comportato a suo tempo il riconoscimento della provvidenza, ma deve limitarsi a prendere atto dei giustificati motivi posti a fondamento della relativa istanza e a registrarne la portata modificativa rispetto all’assetto assunto dai rapporti patrimoniali tra gli ex coniugi di seguito allo scioglimento del vincolo matrimoniale.
A tale proposito la Corte di Cassazione ha chiarito come: “La revisione dell’assegno divorzile di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 9 postula l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e ad adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata” (in senso conforme Cass., Sez. I, 23/04/2019. n. 11177; Cass. Civ., Sez. I, 787/2017; Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 10133/2007).
La precedente giurisprudenza si colloca in un ambito in cui il trend giurisprudenziale più recente ha ritenuto di riconoscere nell’attribuzione dell’assegno divorzile, accanto alla funzione tipicamente assistenziale, anche una funzione perequativa e compensativa in favore del coniuge economicamente più debole.
Con riferimento al caso di specie, pertanto, la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover cassare con rinvio la decisione del Giudice di secondo grado, in quanto non coerente con le allegazioni fattuali a cui aveva proceduto il ricorrente nel corso del giudizio, evidenziando a fronte degli accordi a suo tempo presi, l’insorgenza di un significativo fatto nuovo rappresentato dall’avvenuta costituzione da parte sua di una nuova famiglia e dalla conseguente assunzione di non secondari obblighi di mantenimento verso i suoi componenti; fatto che, certamente, costituisce un indubbio elemento di squilibrio a svantaggio dell’odierno ricorrente e risulta, pertanto, del tutto idoneo a determinare un più meditato ripensamento degli accordi assunti.