
La responsabilità amministrativa dell’ente
19 Aprile 2023
Risarcimento del danno da provvedimento illegittimo della P.A. – il Consiglio di Stato ne chiarisce i presupposti (Cons. Stato, Sez. III, Sent., (data ud. 19/01/2023) 12/04/2023, n. 3664)
1 Giugno 2023La recentissima ordinanza n. 10623 del 20 aprile 2023 della Cassazione ha affrontato il tema della legittimità di un licenziamento per giusta causa irrogato ad un lavoratore che, in violazione delle disposizioni aziendali, si era rifiutato di prestare il lavoro straordinario richiesto, senza fornire alcuna giustificazione.
La Cassazione si è pronunciata, dunque, sull’esigibilità da parte del datore di lavoro dello svolgimento di ore di straordinario in caso di necessità produttive.
La vicenda riguardava un lavoratore, operaio specializzato e capo reparto della linea di produzione di montaggio e saldatura di centrali frigorifere, licenziato per giusta causa per essersi ripetutamente rifiutato di prestare – per tre settimane consecutive – il lavoro straordinario richiesto dalla società datrice (un’ora al giorno).
La datrice di lavoro, società produttrice e distributrice di prodotti per la refrigerazione, a seguito di un notevole incremento delle commesse (e dunque per ragioni produttive) aveva stabilito un aumento dell’orario di lavoro di un’ora al giorno per tre settimane.
La richiesta di prestazione di lavoro straordinario era stata fatta con un preavviso di quarantotto oretramite avviso affisso nella bacheca aziendale posta nei pressi del dispositivo marcatempo (luogo accessibile a tutti).
Tale avviso recava:
- l’orario di lavoro da effettuare,
- la data di inizio del periodo di straordinari
- il riferimento normativo alla disciplina del CCNL
A fronte dell’immotivato rifiuto del lavoratore di svolgere le prestazioni straordinarie richieste (e vista la recidiva consistita da comportamenti quali l’omesso controllo sull’operato di un operaio, l’omessa supervisione dell’imballaggio di alcune centrali frigorifere, ecc.) la datrice di lavoro aveva proceduto al licenziamento per giusta causa del dipendente.
In particolare la società datrice aveva ritenuto che il comportamento del dipendente avesse integrato un’ipotesi di grave insubordinazione anche in ragione della possibile “emulazione” da parte di altri colleghi.
All’impugnazione stragiudiziale del licenziamento aveva fatto seguito quella giudiziale, che nella fase sommaria era stata rigettata, mentre era stata accolta nella fase di opposizione, con dichiarazione di illegittimità del recesso e ordine di reintegrazione nel posto di lavoro.
Per il lavoratore la pretesa di prestazione di lavoro straordinario era illegittima, in quanto adottata in violazione delle formalità di consultazione e informazione sindacale previste dalla contrattazione collettiva.
La Corte d’appello aveva riformato la sentenza di primo grado, convertendo il licenziamento per giusta causa in recesso per giustificato motivo soggettivo.
Per la cassazione di tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso innanzi alla Suprema Corte, che ha respinto il ricorso, confermando la decisione resa nella fase di reclamo.
L’analisi della Corte prende le mosse dalla disposizione collettiva (art. 7 CCNL metalmeccanici industria) che consentiva al datore di lavoro di richiedere prestazioni di lavoro straordinario nei limiti di due ore giornaliere e otto ore settimanali con un limite massimo di duecento (o duecentocinquanta, a seconda delle dimensioni aziendali) ore annue per ciascun lavoratore, previa informazione alla RSU.
La richiamata norma collettiva consentiva al datore di «disporre, dandone notizia ai lavoratori interessati con preavviso di ventiquattro ore (…) prestazioni individuali di lavoro straordinario di produzione, esenti dalla informazione alla rappresentanza sindacale unitaria (…) nella misura di ottanta ore annue».
La disposizione stabiliva inoltre il divieto per i lavoratori di rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo.
Stante la chiarezza della disposizione collettiva, per la Corte d’appello non c’erano dubbi sulla possibilità per la datrice di lavoro «di disporre, per ciascun lavoratore, di una quota di lavoro straordinario esente dall’obbligo di osservanza delle prescritte formalità di preventiva consultazione o informazione della OO.SS, purché la prestazioni di ore aggiuntive venga richiesta nel rispetto dei prefissati limiti di due ore giornaliere e otto ore settimanali, e con un preavviso pari almeno a 24 ore».
Così come per la Corte non vi erano dubbi sia sull’adeguatezza, in concreto, della forma (affissione in bacheca) utilizzata dalla società per comunicare ai dipendenti interessati le esigenze datoriali sia sulla effettiva sussistenza delle ragioni produttive, che risultava comprovata dalle produzioni documentali.
Non era stato poi contestato dal lavoratore il fatto che lo stesso non avesse mai svolto un’ora di lavoro straordinario senza offrire alcuna giustificazione.
La Corte era poi a valorizzare il valore “diseducativo” offerto dalla condotta del lavoratore: l’indisponibilità di quest’ultimo a svolgere lo straordinario integrava un modello disincentivante offerto dal capo reparto agli altri lavoratori e ciò valeva a «connotare inequivocabilmente il contegno del ricorrente di assai scarso spirito collaborativo e di totale noncuranza per gli interessi aziendali».
La Cassazione, nella richiamata ordinanza, ha confermato che la Corte d’appello aveva correttamente interpretato la disposizione collettiva, secondo la quale la società datrice (nei limiti della cd. quota esente) era libera di richiedere al lavoratore prestazioni di lavoro straordinario senza preventiva consultazione, nel limite delle due ore giornaliere e otto settimanali e con un preavviso di almeno ventiquattro ore.
In particolare la Suprema Corte ha affermato che “…premesso che il d. lgs. n. 66 del 2003 D.Lgs. 08/04/2003, n. 66, art. 5 rimette espressamente alle parti collettive la regolamentazione dei limiti del ricorso al lavoro straordinario, si osserva che la piana lettura della previsione collettiva di riferimento – art. 7 c.c.n.l. applicabile -, conferma la correttezza della interpretazione della Corte di merito circa la possibilità per la parte datoriale di richiedere al lavoratore prestazioni di lavoro straordinario nei limiti della cd. quota esente, senza preventiva consultazione o informazione alle organizzazioni sindacali nel rispetto dei limiti di due ore giornaliere e otto ore settimanali e con un preavviso di almeno 24 ore; la valutazione di idoneità del cartello affisso all’interno dello stabilimento aziendale a far ritenere assolto da parte del datore di lavoro l’obbligo di preventiva comunicazione della richiesta di straordinario nei confronti del lavoratore, in assenza di specifiche prescrizioni a riguardo da parte della norma collettiva, costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non incrinabile, in sede di legittimità, dalla lettura meramente contrappositiva circa le modalità di assolvimento del detto obbligo, quale operata dall’odierno ricorrente principale; ciò anche in relazione al profilo attinente alla mancata indicazione nel detto avviso della data finale di espletamento del maggiore orario ed, in generale, alla valutazione del giudice di merito in punto di specificità ed adeguatezza della disposizione aziendale a consentire la verifica dell’eventuale superamento della quota esente di straordinario…”.
Avv. Amedeo Di Odoardo
Avv. Cecilia Di Guardo