
Infortunio sul lavoro: causa violenta connessa all’attività lavorativa
4 Marzo 2024
Responsabilità del datore di lavoro per attività vietata compiuta dal lavoratore
8 Aprile 2024Un recente arresto della Suprema Corte ha fissato un principio di forte interesse per gli operatori del diritto.
Gli Ermellini hanno affermato che nei confronti della parte civile, del responsabile civile e del soggetto civilmente obbligato per la pena pecuniaria, non opera la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, deposito, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione ai giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe inutile ed eccessivamente formalistico, in ragione dello statuto processuale di tali parti, complessivamente rinvenibile negli artt. 100, commi 1 e 5, e 154, comma 4, c.p.p., secondo cui esse possono stare in giudizio tramite un difensore munito di procura speciale e presso questi vedono necessariamente eletto il proprio domicilio, cui vanno indirizzate le notifiche degli atti processuali (Cassazione penale, Sez. V, sentenza 15 febbraio 2024, n. 6993).
La pronuncia trae origine da un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale, in funzione di giudice d’appello della sentenza emessa dal giudice di pace, aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dal difensore di fiducia della parte civile avverso la sentenza assolutoria, per violazione dell’art. 581, comma 1-ter c.p.p., rilevata la mancata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione a giudizio in appello.
Il D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della c.d. riforma Cartabia, ha introdotto, tra le altre novità in tema di impugnazioni e processo, la disposizione del comma 1-ter all’interno dell’art. 581 c.p.p., con cui si è previsto che, con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, sia depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio in appello.
L’intenzione del legislatore, alla base della scelta di imporre tale onere alle parti private impugnanti, è evidentemente quella di ridurre la probabilità di celebrare giudizi di gravame nei confronti di soggetti non effettivamente a conoscenza della data dell’udienza, responsabilizzandole attraverso la richiesta di indicare un indirizzo effettivamente utile, dove ricevere le notificazioni concernenti i giudizi che le riguardino.
La Cassazione ha dovuto quindi chiarire se sia applicabile l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. allo statuto processuale dello stare in giudizio della parte civile.
La Suprema Corte ha ritenuto che, alla luce del citato quadro normativo, imporre alla parte civile – la quale abbia proposto appello depositandolo presso la cancelleria del giudice – l’obbligo di depositare, unitamente all’atto d’impugnazione, una dichiarazione o elezione di domicilio, equivarrebbe a proporre una lettura asistematica della disposizione innovatrice dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., rispetto alla complessiva architettura processuale che regola lo stare in giudizio della parte civile, rappresentando, di fatto, un onere inutile, privo di qualsiasi giustificazione per chi intenda accedere alla tutela dei propri diritti attraverso l’impugnazione dinanzi a un giudice.
Non vi è dubbio, infatti, che l’indicazione letterale della disposizione prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. faccia riferimento alle “parti private”, senza alcuna ulteriore specificazione, quali destinatarie dell’obbligo – stabilito a pena di inammissibilità – di depositare dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione in appello.
Tuttavia, ritiene la Cassazione che, nel novero di tali parti private, come sostenuto anche da alcune prime letture della dottrina, non possano rientrare la parte civile, il responsabile civile e il soggetto civilmente obbligato per la pena pecuniaria, dato che tali parti processuali, a norma dell’art. 100, comma 5, c.p.p., vedono il proprio domicilio “eletto” già prefissato normativamente, “per ogni effetto processuale”, presso il loro difensore.
E presso tale difensore deve essere eseguita anche la notificazione, a norma dell’art. 154, comma 4, c.p.p. Sarebbe, infatti, superfluo pretendere che la parte civile ribadisca un’elezione di domicilio presso il difensore munito di procura speciale, attraverso la mediazione del quale – soltanto – è autorizzata a stare in giudizio (in tema, cfr. Cass. pen., Sez. V, n. 33273 del 28/3/2017, F., CED Cass. 270472).
Avv. Amedeo Di Odoardo